martedì 30 aprile 2013

Il vicesegretario


La plastica testimonianza del fatto che il PD sia un partito fallito è data dalle riflessioni e battute di molti militanti e dirigenti del PD stesso in queste ore. Infatti molti, anzi moltissimi, si lanciano in giudizi scontati, sconfortati e superficiali alludendo alla rinascita della DC. Dimenticando che Enrico Letta è il vicesegretario del partito. Il vicesegretario del PD. (E dimenticando anche, tra parentesi, che la DC fu un grande partito, alla faccia nostra).
Comunque, questo è Enrico Letta. Un uomo del PD. E così dovrebbe essere percepito da tutti. Senza star lì a fare analisi di DNA di sinistra, poiché non "proviene" dai DS, bensì dall'area Margherita. Ma se ricordo bene il partito nasceva come strumento di superamento di queste divisioni. Nasceva ai fini della creazione di una nuova identità politica (purtroppo piena di ricordi). Perciò mi rifiuto di giudicare Letta come qualcosa di estraneo alla cultura del partito e come una soluzione al ribasso.
Nel merito. Ha costruito, almeno sulla carta e almeno nei dicasteri importanti, un governo decente. Spero che decente lo sia anche nel futuro e faccia qualcosa di buono per l'Italia. Se così sarà, diventerà l'uomo forte del partito (mi piacerebbe poter dire il leader) e sarà giusto, più che giusto così. Se così sarà, darà speranze agli Italiani che magari decideranno di votarlo alle prossime elezioni, senza bisogno che se ne vada in giro a sparare in campagna elettorale frasette tirate fuori a caso dai beneamati Berlinguer, don Milani, De Gasperi, Gramsci e via dicendo. Aprendo finalmente una nuova stagione politica.
p.s.: al posto suo poteva esserci qualcun altro? Magari di Bettola? Sì, se... se non avesse detto sempre no, se non avesse sbagliato tutto, se non si fosse comportato come si comporta da sempre una certa sinistra italiana. Troppi se. La verità è che probabilmente la risposta è No e non solo per il povero Pierluigi, ma per tutto il modello che lui rappresenta.

martedì 23 aprile 2013

L'inciucio

L'inciucio era la strada obbligata sin dall'apertura delle urne.
Era evidente a tutti solo che nel PD si doveva dire no.
E allora si era disposti a non avere la presidenza delle Camere pur di non farlo.
Si era disposti a non avere la presidenza del Consiglio pur di dire no.
Si era disposti a rinunciare a scegliere il presidente della Repubblica pur di dire no.
E dopo aver fatto rotolare le teste della Finocchiaro, di Franceschini, di Bersani, di Marini, di Prodi; dopo aver demolito il partito, il Parlamento e un pezzo d'Italia,
ora,
quel che avanza,
farà l'inciucio.
Senza avere neanche la forza di imporre una che una regola o soluzione.

domenica 21 aprile 2013

Riflessione da inciucista

Messaggio a tutti i votanti e componenti del PD che hanno la bava alla bocca per aver perso la grande occasione: in 20 anni la sinistra bavosa e arrabbiata, unita alla sinistra moderata (nel senso: facciamo finta di esserlo che tanto vanno avanti quelli con la bava), non ha mai vinto le elezioni. Mai.
La grande coalizione dell'Unione nel 2006 NON ha vinto le elezioni, nonostante Prodi abbia insistito che sì.
La sinistra bavosa non è neanche entrata in Parlamento nel 2008. SEL, dopo gli ottimi anni di amministrazione regionale di Nihil in Puglia, ha preso il 3,2%.
Ammesso che qualcuno ne abbia ancora voglia (beato lui, ma c'è sempre qualcuno che ne ha voglia), c'è da ricostruire un partito, io, ma io sono un cripto-berlusconiano inciucista, ci penserei due volte prima di partire di nuovo per la tangente a prostrarmi ai piedi di Beppone (che sia il nome che li ammalia?) stile Andrea Orlando ieri notte a La7.

venerdì 19 aprile 2013

Tradimento

Naturalmente ora che dopo un'inversione a U notturna, Pierluigi candida Prodi rompendo l'intesa con il PdL, Berlusconi troverà lecito parlare di tradimento e di inaffidabilità nostra. Cioè gli stessi difettucci che gli imputavamo sino a ieri.
O no? Per noi è diverso? Noi non tradiamo, noi apriamo al cambiamento.

giovedì 18 aprile 2013

Sempre lì a fare il bastian contrario


A me Stefano Rodotà è sempre piaciuto molto. Un rigore morale percepibile sin dalla rigidità del suo volto e del suo parlare lento, un andamento professorale nei confronti del quale provo un innegabile debole (tipo Monti per intenderci). E poi è di sinistra, ah, è di sinistra come solo un professore universitario sa esserlo; dirò di più, è di sinistra come solo un indipendente di sinistra sa esserlo. Uno che non prende tessere, ma che accetta le offerte fatte da sinistra alla sua nobile persona e intelligenza. Perché la sinistra sa riconoscere la parte migliore dell'Italia.
Sarebbe un ottimo presidente della Repubblica? Chi può dubitarne, e a dire il vero non ne dubiterei, il miglior custode della migliore Costituzione del mondo, come dice da anni la sinistra e come dice anche Beppe Grillo da qualche tempo.
Solo che, almeno ai miei occhi, solo ai miei, il prof. Rodotà ha fatto un errore, non ha detto no alla candidatura propostagli dal M5S. Il movimento più populista che si sia mai visto in Italia. Che nega la libertà di mandato per l'eletto, al quale impone una almeno teorica pura funzione di portavoce di una volontà democratica telematica del popolo (forse è questo il richiamo della foresta per la sinistra italiana e quindi anche per Rodotà: il popolo, così si materializza l'immagine di migliaia di piccoli soviet dove i russi a milioni discutevano in locali di legna scarsamente scaldati dai loro corpi e dalla legna nella notte russa, ma dove il popolo prendeva decisioni epocali, rivoluzionarie). Che impone ai suoi eletti di non viaggiare sulla TAV, perché antiecologico e antipopolo. Che impone agli eletti di non dormire mai e soprattutto non sulla TAV, perché il popolo va servito h24, come facevano Stalin e Mussolini.
Mi chiedo se Rodotà ci ha pensato a queste facezie, a queste inezie, quando ha detto sì alla candidatura a PdR da parte di Grillo. Ma che importanza ha questo? "In fondo, avrà pensato, se mi chiedono di candidarmi, dico, a me, che io sono STEFANO RODOTA', mica PAOLO BONOLIS, ci avranno pensato, no? se l'hanno chiesto a me, che sono STEFANO RODOTA', non devono essere poi così male, no? Devono essere di sinistra anche loro allora. E poi, mica me l'ha chiesto Storace, o, peggio Berl.... no, non posso pronunciare quel nome, mmmhh, okkei accetto".

giovedì 4 aprile 2013

Memorie


Io Romano Prodi me lo sono goduto dal vivo una volta. Ero segretario provinciale dei DS nel 2007 e a Firenze andammo tutti alla messa da requiem del partito che si scioglieva (ma non per colpa mia, almeno credo).
Era seduto poco lontano da me per un po', ma poco importa. Salì sul palco e fece il suo imponente discorso, lungo come era necessario alla liturgia, più lungo perché il Professore il giorno era persino in versione catatonica. Guzzanti col semaforo in testa il giorno sarebbe sembrato Usain Bolt (anche se il paragone con Bolt è fuori sincro). Il palazzetto era silenziosissimo, sia per la tremenda fatica dell'eloquio che induceva al sonno, sia perché i DS Prodi lo hanno sempre ascoltato, come si ascolta sempre uno che viene da fuori, che non è dei tuoi, che chissà cosa dice, che ci vuol fregare di nuovo (anche se era l'unico che ci aveva fatto vincere 10 anni prima; ancora non sapevamo che ne sarebbero passati almeno altri.... - boh mettere la cifra che si preferisce, anche a due zeri - di anni).
Insomma si andava lentissimi, sfiancati eppure tesi. Poi, d'un tratto il boato; un applauso enorme, urla, insomma un vero trionfo. Il Professore aveva detto 4 parole politicamente fondamentali: "Non mi candiderò più".
Ecco, ci eravamo sbagliati.