venerdì 30 gennaio 2009

Dopo Mino Reitano, Mike Francis, un'ecatombe!


Sinceramente, non sono mai riuscito ad ascoltare un suo album, forse neanche una canzone per intero. Soprattutto scriveva per quel gigantesco bluff che era Amy Stewart, anche lei noiosa come poche. Ma erano gli anni 80, e anche se i ragazzini andavano in giro vestiti in modo assurdo, con scaldamuscoli e fascette fucsia, con piumini monclair e cose del genere -un orrore!- io avevo gli anni intorno ai 18 e ora ho gli anni in cui si piange ripensandoci.

E poi, morire di tumore al polmone a solo 47 anni, va bene esser cari agli dei, ma mi pare un po' esagerato così.

Fritture miste

Soriano non lo sono mai stato. Chi mi conosce lo sa. Non nego però che ho condiviso molte sue battaglie politiche, vinte, non dico grazie a me, no di certo, ma grazie a gente a me vicina politicamente, o, più onestamente, a cui io sono vicino politicamente.
Gente alla quale Soru deve politicamente molto e che ora preferisce politicamente morta.
Parlo di quegli ex-socialisti (e non solo), i diavoli dell'inferno, che sono stati dipinti ignobilmente da Alberto Statera come una cricca di delinquenti qualche giorno fa su repubblica. Gente che ha insegnato a Soru anche dove fosse la toilette della Regione, altro che come scrivere una legge.
Oggi uno che lo conosce bene, Giovanni Valentini, exdirettore dell'Espresso, non proprio di destra, e più ancora non certo socialista, ha rilasciato una interessante intervista sul personaggio che vi invito a leggere e nella quale lo si definisce tra l'altro, e non è la parte migliore del pezzo: "uno squalo travestito da spigola": http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=324774

giovedì 29 gennaio 2009

Link del giorno

In realtà sarà ben difficile farne una rubrica, un link al giorno è dura, ma questo è il link di oggi: http://uolterueltroniisonmymind.splinder.com/
vale la pena.

mercoledì 28 gennaio 2009

Di terra bella uguale non ce n'è

Era l'unico che ci credeva davvero quando urlava Italia Italia.
Avevo ragione a riderne da ragazzino, ma avevo anche torto.

martedì 27 gennaio 2009

Sentimental

Quando uno è sportivo...

L'ho trovata sul blog di Luca Sofri: www.wittgenstein.it

Lefebvre

Il papa ha deciso di "riabilitare", come usano dire i giornali, cioé riammettere nel seno della Chiesa cattolica alcuni vescovi scomunicati perché lefebvriani (seguaci di monsignor Lefebvre, vescovo troppo conservatore che rifiutò di accogliere parte degli esiti del concilio vaticano II). La cosa non solo non stupisce, dato che il "riflusso" innescato con la fine del pontificato di Woytila e con gli anni iniziali di Ratzinger non è in contraddizione con questa politica, ma anzi perfettamente in linea. Oltretutto, fermo restando che il cattolicesimo è la forma di cristianesimo maggiormente diffusa tra gli Italiani, possiamo considerarla una notizia "minore", insomma, potremmo, noi "laici" impipparcene allegramente.
C'è il solito però: uno di questi simpatici conservatori riabilitati, è un po' troppo conservatore, afferma che le camere a gas nei lager nazisti non sono mai esistite.
Alle osservazioni dell'Ucei ebraica il cardinal Bagnasco ha risposto in un modo che sta diventando un classico: strumentalizzazioni.
Cioé? cosa vuol dire strumentalizzazioni? E' vero o no che questo Williamson nega l'esistenza delle camere a gas? Direi di sì, c'è anche una video intervista che lo conferma, quindi niente virgolettati da smentire con comodo a casa, ma proprio la sua faccia e le sue labbra che emettono questa frase. E la risposta di Bagnasco è: strumentalizzazioni.
A proposito, oggi è la giornata della memoria.

venerdì 23 gennaio 2009

Politica: Quarantenni nel Limbo?

Interessante, per un quarantenne, leggere i progetti che i vari candidati alle elezioni regionali della Sardegna propongono per il futuro della nostra società.
Sono tutti d’accordo che bisogna investire sui giovani, in particolare quelli che ancora devono formarsi.
Scontato dire che i giovani sono senza dubbio un’importante risorsa per vincere le sfide che l’avvenire ci propone. Sono evidentemente il tesoro che ogni collettività spera di avere per progredire.
Per salvaguardare questo patrimonio sarà determinante valutare la fondatezza, serietà e profondità della proposta che la Politica saprà fare fin da oggi e quindi la scelta fra le ricette in campo dovrà essere fatta da ognuno di noi con assoluta attenzione al momento del voto nel prossimo febbraio.
Il punto che però volevo approfondire ora è un altro.
Se è vero che dobbiamo investire nei ventenni, dobbiamo sostenere la formazione professionale dei trentenni, mi chiedo: ai quarantenni chi ci sta pensando?
Perché, salvo non si parli di figli di “qualcuno”, verso tutti gli altri appartenenti a questa particolare generazione i messaggi concreti che vengono inviati in questi giorni, soprattutto dal mondo politico, sembrano di segno opposto rispetto a quelli riservati alle altre generazioni. Si sente in giro: “… troppo giovane” per subentrare alla generazione che sta davanti, oppure, “… ormai troppo vecchio” per rientrare nei progetti riservati ai giovani che la politica dei 50-60enni ora propone.
Ma se i recenti dati della crescita demografica non mentono, l’attuale generazione compresa fra i 35 ed i 45 anni sarà sempre e comunque la più corposa con il rischio che, se non adeguatamente sostenuta e motivata, diventi un peso sociale piuttosto che una risorsa.
Forse è il momento che noi quarantenni ci si faccia sentire di più e meglio, soprattutto incominciamo anche noi a fare politica rappresentando la nostra generazione. Anche perché qualcuno incomincia a dire, maliziosamente, che gli attuali 50-60enni stiano tutti investendo sui 20-30enni perché sanno benissimo che così facendo, in attesa che questi ricevano la “giusta“ formazione, potranno avere ancora qualche anno di campo libero per arrivare alla pensione “sociale” (come dice un noto politico di grande esperienza, “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”).
Ovviamente io sono ottimista. Credo ancora che la generazione di mio padre non sia così cinica.
Anzi, ho anche raccolto qualche testimonianza di stima e sostegno fra la mia generazione e quella precedente.
Chissà, magari presto arriverà anche qualche gesto concreto… che dite, restiamo ancora in attesa?

mercoledì 21 gennaio 2009

Dubbi

Poiché è mia abitudine cercare (non necessariamente riuscire) di vedere le cose nel loro insieme, sono spesso assalito da dubbi che alla fine mi trasformano nell'asino di Buridano.
Mi spiego: ho sempre pensato, e lo penso ancora, che relativamente alla formazione/fondazione del PD bisognasse essere profondamente grati alle classi dirigenti dei due partiti fondatori per il gesto di generosità e per il desiderio di costruire un nuovo partito che concedesse nuova prospettiva al centro sinistra italiano. Tanto più l'ho pensato quando ho "messo le mani in pasta" in questa cosa, quanta fatica comportasse convincere persone che militavano anche da decenni (da tutta una vita) nei partiti d'origine (PCI/PDS/DS e DC/DL) ad abbandonare "cose", "pensieri", "scatole" a loro care e nelle quali credevano per entrare in un mare nuovo, in una casa nuova, chiamatela come volete. Tanto più che gli stessi dirigenti dei partiti in questione erano spesso intimoriti dal nuovo, e questo è perfettamente naturale, forse in modo più strumentale, lo ammetto, ma questo non significa che non ci volesse coraggio a fare questa operazione.
Perciò non mi piace quando vedo che molti si scagliano su questo o quel dirigente o su tutta la dirigenza di questo partito con l'accusa "semplicistica" di essere "vecchi".
Restano però dei però, uno almeno piuttosto imponente, visto che la frittata per il momento sta venendo piuttosto male: si può realizzare una cosa nuova e ben funzionante da due cose usate che si è deciso di eliminare perché evidentemente non funzionavano più?
Starò ancora per un po' davanti ai due mucchi di fieno.

Perché

Lo ammetto, sto scrivendo poco.
Sono un po' vuoto in questi ultimi giorni: gli avvenimenti, la composizione delle liste, alcuni stress personali, mi hanno tolto energie mentali.
Mi succede sempre dopo un periodo intenso, devo ricaricare per riprendere a provar gusto per le cose.
Non ho seguito neanche l'insediamento di Obama. Non so cosa abbia fatto Veltroni ieri sera per l'occasione, se fosse stato sindaco di Roma forse avrebbe fatto mettere dei maxi-schermi sparsi per la città, ma ormai... Leggo che il giudice che imbeccava Obama avrebbe incespicato, sinceramente non mi sono perso granché pare. Non sono neanche particolarmente interessato al vestito di Michelle. Non è morto nessuno (almeno Ted Kennedy poteva impegnarsi di più). Insomma gli insediamenti non sono come le partenze di F1. Aspetto di vederlo all'opera.

Aggiungo una cosa che qui (e anche lì) non c'entra niente: non mi pare uno scandalo che Gomorra sia rimasto fuori dalla corsa agli Oscar, per una volta sono d'accordo con Cecchi Gori (non mi si era mai posto il problema di esserlo prima), era un film noioso, un semidocumentario. Interessante in fondo, anche se noioso, ma come strumento di informazione, non come film. D'altronde ho pensato più o meno lo stesso del libro, che però non mi ha annoiato, tuttavia non mi sono mai spiegato perché la Mondadori lo vendesse come romanzo.
Leggo da qualche parte che anche Valzer con Bashir sarebbe noioso, e non mi stupirebbe neanche questo. Il più bel film (forse anche il più complesso) che ho visto di recente è Il cavaliere oscuro e me ne passo degli intellettuali.
Bene, fatto questo, proverò ad essere più assiduo.

sabato 17 gennaio 2009

RINNOVAMENTO

Sui giornali leggo che ora il rinnovamento sta passando per la nostra amata terra.
Ma siamo sicuri che il rinnovamento non fosse già in atto?
Ricordo il 2000, anno nel quale muovo i primi passi in politica. Poi ricordo anche il perchè.
Già da qualche tempo, un’illuminata classe politica, riferimento della sinistra riformista sarda, inizia a costruire ciò che è stato poi, per la politica isolana, un vero cambio di passo. In quegli anni, il nostro popolo aveva urgente bisogno di ricostruire la propria identità, rilanciare l’economia locale e riformare la nostra società. Qualcuno allora pensò che fosse giunta l’ora di progettare un nuovo percorso politico che finalmente archiviasse uno statico e conservatore modo di amministrare la cosa pubblica. Quando nessuno ancora poteva solo immaginare quello che oggi viene definito “modello Soru”, qualcuno lo studiava e progettava. In poco tempo, sempre lo stesso Qualcuno, costruisce le basi perché questo progetto possa essere presentato ai sardi, individuando con grande cura gli interpreti e radicando nel territorio i nuclei che avrebbero potuto diffondere e sostenere l’idea. Questo passaggio era fondamentale, perché senza radici nessun progetto politico serio può avere futuro.
Arriva il 2004, le condizioni sembrano favorevoli al progetto di cambiamento fin lì avviato, ma manca ancora un tassello. E’ tempo di elezioni regionali. Viene scelto il candidato alla Presidenza della Regione che guidi una coalizione di centro-sinistra, sardista, con chiari connotati riformisti ed autonomista. Qualcuno osserva ed individua in Renato Soru l’uomo giusto.
E’ la ciliegina sulla torta. Si vince.
Presentata al popolo sardo, l’idea piace e sfonda ogni barriera e diffidenza. Questo movimento riformista entusiasma, non ha bisogno di essere targato con sigle particolari perché si sente nell’aria. Ha la faccia di donne ed uomini che scendono in campo e partecipano alla vita politica regionale, lavorano per unire e trascinano intere masse (soprattutto giovani) verso un riscatto che da anni si attendeva. La dirigenza politica di questo progetto è composta da tante persone i cui nomi diventano ben presto noti, ma nessuno di essi scade in personalismi che avrebbero deviato l’attenzione verso un identità collettiva che stava maturando. I sardi comunque li riconoscono come guida e li seguono con fiducia ed ottimismo. Il progetto diventa realtà.
Ma bisogna andare avanti. La conduzione della Regione non basta.
Nelle province bisogna lanciare figure di rottura con il passato. Nel Sassarese, per esempio, vengono proposte coalizioni guidate da uomini e donne che possano esaltare e migliorare i risultati che già arrivano dopo il varo del nuovo progetto riformista sardo. Il solito Qualcuno pensa che sia l’ora di figure che, nel frattempo, sono state fatte crescere nei partiti politici che hanno avviato questa nuova età politica. Nel 2005 arriva quindi una nuova fase costellata da numerose vittorie politiche in ogni realtà locale. In quel momento, certi periodi del passato vengono ormai ricordati come il medioevo della politica sarda. Tutti erano utili, ma nessuno si proclamava indispensabile. Tutti però si proclamano socialisti con orgoglio.
Arriva il 2008 , su scala nazionale nasce il Partito Democratico e lo strumento della primarie ricuce definitivamente i rapporti fra società reale e politica. Manco a dirlo, i protagonisti della nuova recente fase polita sarda osservano la situazione in rapida evoluzione ed avviano una lunga e faticosa opera di fusione fra il modello riformista varato in Sardegna e il progetto del PD nazionale.
E’ un altro trionfo. Si può fare!.. ma qualcosa comincia a non funzionare come dovrebbe.
Qualcun Altro inizia a pronunciare il “Si può fare” in lingua straniera e sostituisce il pronome “NOI” con “IO” nei suoi interventi e la macchina presto si inceppa. Un miscela di autoritarismo e diffidenza si diffonde nell’area riformista. Dalla condivisione allargata si passa al centralismo.
Numeri alla mano, il progetto riformista non avanza più nei consensi, anzi arretra. C’è bisogno di una virata per riprendere quel vento che spira su altre rotte. C’è bisogno di organismi composti da dirigenti che pensino e trovino soluzioni. Ritornare al “NOI”. Ma questo tarda ad avvenire e non so perché.
Per ora, so solo che tanti sono stati ora esclusi dal progetto e per primi i promotori della recente epoca di rinnovamento. E questo, solo la storia ci rivelerà se sarà stato un bene od un male. Vedremo…

Divi


Alla fine l'ho visto: il Divo, la spettacolare vita di Giulio Andreotti.
Un film mediocre e bozzettistico, un affastellato delle sue più celebri battute, privo di struttura, lungo anche se dura meno di due ore.
Occasione perduta, non si riesce neanche a farlo apparire come quel genio del male che si vorrebbe fosse.
Una cosa bella, o almeno azzeccata, però c'era: la colonna sonora.

venerdì 9 gennaio 2009

Ulivastro

E così Renato Soru ha scoperto l'antiberlusconismo. Probabilmente a causa dei sondaggi, che non ci vedono esattamente in vantaggio qui in Sardegna, ecco che l'eroe della sardità si dichiara pronto ad abbattere Silvio in persona, come se l'avversario alle urne fosse addirittura il presidente del Consiglio in carica. Una tattica non nuova, utilizzata sempre dallo stesso Berlusconi quando si lancia ossessivamente in filippiche contro i "comunisti" a 20 anni dalla caduta del muro.
Il metodo sarebbe, mi pare, di provare a sviare l'attenzione dal dispregiativo di Cappellacci verso l'accrescitivo di Berlusconi, il vero e proprio Satana dell'ultimo quindicennio della politica italiana, sul quale tutti gli strali degli elettori del centro-sinistra si sono concentrati e che serve da catalizzatore nei momenti di difficoltà nell'elaborare concetti politici convincenti (praticamente sempre, tranne, guarda caso, durante la campagna elettorale del 2004 che abbiamo vinto alla grandissima, anche e proprio grazie a Renato Soru).
Non è che non si possa fare, tutto va bene quando si tratta di vincere e si deve raschiare il barile, solo che Soru vuole addirittura farlo totalmente solo, perché mentre Prodi provava a unire e coinvolgere tutti coloro che per qualunque motivo avevano in odio il Berlusca, Renato ha intenzione di farlo da solo, incarnando (uso questo verbo non a caso) il vero esatto contrario e allo stesso tempo lo specchio del Cavaliere. Talmente solo da voler vincere non solo senza coalizione, ma senza neanche un partito. Proprio come il Berlusca.
Se avrà ragione lo scopriremo tra un mese. Di certo, per ora, non ha ragione nel suo partito, dove è stato sistematicamente messo in minoranza e solo l'appoggio tutt'altro che democratico di Walter Veltroni gli ha permesso di impadronirsene (e anche qui non uso il verbo a caso). La mia sensazione però è che lui abbia intùito e che se anche avrà torto elettoralmente stavolta potrà, se persevera, avere ragione la prossima. La mia sensazione è che il futuro porterà al leaderismo anche nel centro-sinistra. Resterebbe da stabilire se la cosa mi piace, ma io una risposta l'ho già: NO.

domenica 4 gennaio 2009

Buoni e Cattivi

L’arrivo a Cagliari del commissario del PD, mi ha fatto ricordare qualche piccolo episodio dell’età scolare.
Tra i tanti ricordi del periodo nel quale frequentavo le scuole elementari, uno in particolare oggi mi ritorna in mente. Quando il maestro doveva assentarsi dall’aula lasciando noi alunni senza alcun controllo, incaricava il compagno che riteneva meritevole della sua fiducia di segnare sulla lavagna “buoni e cattivi". Un compito che il compagno designato generalmente svolgeva diligentemente, sentendo l’alta responsabilità che derivava da quel compito. Spesso però capitava anche che il prescelto consumasse piccole vendette personali, secondo un’infantile visione di ciò che era giusto o sbagliato. Alle volte avveniva di peggio, cioè quando il prescelto consumava vendette ordinate da altri compagni con lo scopo di far piacere al proprio clan impegnato a prevalere nella leadership della classe.
Non so esattamente perché oggi mi ritorna in mente proprio questo ricordo dell’età scolare. Probabilmente è un ricordo che il mio subconscio fa riemergere perché evidentemente non sono contento di qualcosa, sono preoccupato per qualcosa o mi sento minacciato da qualcosa. Curioso, perché è esattamente l’opposta sensazione di qualche anno fa, quando nel corso della mia crescita ho scoperto di aver maturato saldi ideali riferiti ad un socialismo moderno del quale ritenevo avesse sempre più bisogno la società nella quale vivo. Convinzione da cui derivò poi il mio impegno politico, le mie scelte di appartenenza, i sacrifici, le delusioni e la lotta per arrivare al grande sogno del PD.
Qualcosa ora sembra essere cambiato.
Fra qualche giorno, sicuramente non su una lavagna di scuola, sarà compilata una lista di nomi validi per le elezioni regionali di metà febbraio. Nella discussione che deriverà da queste scelte, alcune persone oggetto di valutazione saranno definite “buone” o “cattive” da qualcuno che dice di essere “buono” e, quindi, per definizione capace di catalogare i “cattivi”.
Credo sarà un momento non certo fra quelli che ricorderò con piacere, diverso da quello del 2004, ma forse inevitabile ormai. Certamente non quello che ritengo utile e positivo per il mio partito e tutto il centrosinistra isolano.
La cosa che rende più amaro il tutto è che saranno ancora una volta pochi a decidere, troppi a subire. Forse sarà questa la riforma che la gente sta cercando, il commissariamento del proprio pensiero o addirittura di se stessi. E forse sono io che sbaglio, forse devo fidarmi di più dei miei compagni di classe. Magari l’Uomo, tornando nel loft romano, consegnerà questi elenchi così che il maestro possa rientrare in classe e ricominciare la lezione con un ordine ed una disciplina recuperata non dal metodo della lavagna dei buoni e cattivi, ma piuttosto dalle proprie capacità pedagogiche.
Forse non devo dimenticare che il sogno di qualche anno fa è comunque raggiungibile.
Forse…

sabato 3 gennaio 2009

Gaza

Questo articolo sul Corriere della Sera di oggi è la cosa più sensata sul conflitto a Gaza che abbia letto sinora. Ho solo invidia per non aver trovato io le stesse parole, ma insomma, voler essere Glucksmann sarebbe presuntuoso:

Davanti a un conflitto, l'opinione pubblica si divide tra coloro che hanno deciso chi ha torto e chi ha ragione e coloro che valutano con cautela tale o tal'altra azione come opportuna o inopportuna, anche a costo di rinviare il loro giudizio.
Lo scontro di Gaza, per quanto sanguinoso e terrificante, lascia trasparire tuttavia uno spiraglio di speranza che le immagini drammatiche troppo spesso nascondono. Per la prima volta in un conflitto in Medio Oriente, il fanatismo del partito preso appare in minoranza. Il dibattito in Israele («È questo il momento giusto? Fino a che punto arrivare? Fino a quando? ») si svolge come di consueto in democrazia. Quale sorpresa constatare che un dibattito assai simile divide, a microfoni aperti, anche i palestinesi e i loro sostenitori. A tal punto che Mahmoud Abbas, capo dell'Autorità palestinese, subito dopo l'inizio della rappresaglia israeliana, ha trovato il coraggio di imputare a Hamas la principale responsabilità della tragedia dei civili a Gaza, per aver rotto la tregua.
Le reazioni dell'opinione pubblica mondiale — i media, la diplomazia, le autorità morali e politiche — sembrano purtroppo in ritardo sugli sviluppi dei diretti interessati. A questo proposito non si può far a meno di notare un termine assai ricorrente, a ribadire un'intransigenza di terzo tipo, che condanna urbi et orbi l'azione di Gerusalemme come «sproporzionata ». Un consenso universale e immediato sottotitola le immagini di Gaza sventrata dai bombardamenti: la reazione di Israele è sproporzionata. Cronache e analisi non perdono tempo a rincarare la dose: «massacri », «guerra totale». Per fortuna, si è evitato finora il termine «genocidio». Il ricordo del «genocidio di Genin» (60 morti), ripetuto ossessivamente e poi screditato, è ancora capace di frenare gli eccessi? Tuttavia la condanna incondizionata e a priori della reazione esagerata degli israeliani regola ancora oggi il flusso delle riflessioni. Consultate il primo dizionario sotto mano: è sproporzionato ciò che non è in armoniosa proporzione rispetto alle altre parti, oppure non corrisponde, di solito per eccesso, al giusto o al dovuto, pertanto risulta eccessivo, esagerato, spropositato. È il secondo significato che viene accolto per fustigare le rappresaglie israeliane, giudicate eccessive, incongruenti, sconvenienti, che oltrepassano ogni limite e ogni regola. Sottinteso: esiste uno stato normale del conflitto tra Israele e Hamas, oggi scombussolato dall'aggressività dell'esercito israeliano, come se il conflitto non fosse, come tutti i conflitti, sproporzionato sin dall'origine. Quale sarebbe la giusta proporzione da rispettare per far sì che Israele si meriti il favore dell'opinione pubblica? L'esercito israeliano dovrebbe forse rinunciare alla sua supremazia tecnologica e limitarsi a impugnare le medesime armi di Hamas, vale a dire la guerra approssimativa dei razzi Grad, la guerra dei sassi, oppure a scelta la strategia degli attentatori suicidi, delle bombe umane che prendono di mira volutamente la popolazione civile? O, meglio ancora, non sarebbe preferibile che Israele pazientasse saggiamente finché Hamas, per grazia di Iran e Siria, non sarà in grado di «riequilibrare » la sua potenza di fuoco?
A meno che non occorra portare allo stesso livello non solo i mezzi militari, ma anche gli scopi perseguiti. Poiché Hamas — contrariamente all'Autorità palestinese — si ostina a non riconoscere allo Stato ebraico il diritto di esistere e sogna l'annientamento dei suoi cittadini, non sarebbe il caso che Israele imitasse questo spirito radicale e procedesse a una gigantesca pulizia etnica? Si vuole veramente che Israele rispecchi, in misura proporzionale, le ambizioni sterminatrici di Hamas?

Non appena si va scavare nei sottintesi del rimprovero ipocrita di «reazione sproporzionata », ecco che si scopre fino a che punto Pascal aveva ragione, e «chi vuol fare l'angelo, fa la bestia». Ogni conflitto, che covi sotto la cenere o in piena eruzione, è per sua natura «sproporzionato ». Se i contendenti si mettessero d'accordo sull'impiego dei loro mezzi e sugli scopi rivendicati, non sarebbero più avversari. Chi dice conflitto, dice disaccordo, di qui lo sforzo da una parte e dall'altra di giocare le proprie carte e di sfruttare le debolezze del rivale. L'esercito israeliano non ci pensa due volte ad «approfittare » della sua superiorità tecnologica per centrare i suoi obiettivi. E Hamas non fa da meno, ricorrendo alla popolazione di Gaza come scudo umano senza lasciarsi nemmeno sfiorare dagli scrupoli morali e dagli imperativi diplomatici del suo antagonista. Non si può lavorare per la pace in Medio Oriente se non ci si sottrae alle tentazioni di chi ragiona in base a pregiudizi o ad opinioni preconcette, che assillano non solo i fanatici oltranzisti, ma anche le anime pie che fantasticano di una sacrosanta «proporzione», capace di riequilibrare provvidenzialmente i conflitti. In Medio Oriente, non si combatte soltanto per far rispettare le regole del gioco, ma per stabilirle. È lecito discutere liberamente dell'opportunità di questa o quella iniziativa diplomatica o militare, senza tuttavia presumere che il problema venga risolto in anticipo dalla mano invisibile della buona coscienza mondiale. Non è un'idea «spropositata» voler assicurare la propria sopravvivenza. André Glucksmann (Traduzione di Rita Baldassarre)

Ditelo a Walter

Veltroni, quello che abbiamo eletto segretario del PD, ha una rubrica su A, il settimanale femminile del gruppo RCS. E io che rassomigliavo Berlusconi a Sordi. Noi a sinistra c'abbiamo la fotocopia di Maurizio Costanzo!!
L'ho scoperto solo stamattina, non sono scioccato perché da lui mi aspetto ormai qualunque cosa tranne che fare un partito che vinca una qualunque elezione, al massimo potremmo vincere un concorso televisivo.
Però che orrore, ha scritto così nell'ultima "rubrica": Finisce un anno bisestile. Mi rendo conto che la relazione tra questo dato di fatto e un’analisi razionale del reale appare forzata. Eppure…
Eppure cosa, nostro redivivo Nostradamus? Vogliamo fare una riflessione politico-astrologica? E' questo il tuo metodo?
Il pezzo lo chiude con questo augurio: Buon anno. Lo sia per tutti. Lo sarà per ciascuno
Che vuol dire? Apriamo un concorso a premi per farne l'esegesi?
Povera Italia, povera Sinistra.