giovedì 7 ottobre 2010

Alle volte quando uno ci azzecca un po', poi, vuoi che non si vanti un po'?

Qualche giorno fa ho visto una puntata di Ottoemezzo su la7 con una pessima Lilli Gruber che intervistava Cacciari. E lui diceva cose molto interessanti con la sua solita spocchia, tra le quali questa qui (con parole mie): "I concetti di Destra e Sinistra sono storicamente e politicamente superati". E a me è queste paorole sono piaciute molto, anche perchè rispecchiano il mio pensiero e perché questo blog mi è testimone. Uno dei miei primissimi e noiosisssimi pezzi alla fine del 2008 suonava così:

È molto difficile giudicare l’importanza di una cosa nel momento stesso in cui si verifica. Quanto meno è complesso giudicare della portata della sua importanza. L’analisi delle cose presenti e le affermazioni circa la loro importanza riguardano categorie di professionisti, che hanno spesso compiti diversi da quelli dell’analisi in prospettiva, e anche quando si pongono tale obiettivo, spesso non lo colgono. Talvolta si pensa che la capacità di “pensare in prospettiva” sia una qualità dello storico - spesso è lo storico stesso a pretenderlo, per dirla tutta - ma per definizione gli storici non lavorano - o non dovrebbero lavorare - “a botta calda”. Lo storico non può permettersi di rimproverare nessuno - giornalista, ambasciatore, politologo o politico che esso sia - della mancanza di prospettiva, poiché lo storico dovrebbe sapere che il suo lavorare in prospettiva è costruito alla rovescia e a bocce ferme, è un lavorare sul passato e non sul futuro, è un usare il microscopio e non il cannocchiale e, soprattutto, è tutt’altro che fare il detective perché lo storico sa già come le "cose" siano andate a finire (caso mai è più simile ad un anatomopatologo, mestiere importante ma non è questo il punto). Insomma le cose appaiono chiare a posteriori, la loro logicità o addirittura ineluttabilità si può (quando si può) cogliere solo a posteriori. Invece, la difficoltà che è insita nelle cose e nelle vite delle persone sta tutta nel presente, nella decisione e nell’analisi compiuta durante. Non solo, il livello di questa difficoltà è reso ancor più elevato per il fatto che in realtà nulla è ineluttabile a questo mondo, almeno dal punto di vista dei processi storici, e alcune delle cose che rendono formidabile una cosa accadono dopo l’avvenimento di quella cosa lì e non necessariamente dovevano accadere.

Oggetto del preambolo ermetico

Il preambolo è ermetico perché chiarirne il senso mi avrebbe portato troppo lontano dal punto al quale volevo arrivare. Non solo, gli spunti che mi pareva contenere mi sembrano di tale portata e difficoltà da non sentirmi in grado di affrontarne il chiarimento (so che ciò è contraddittorio, e anche velatamente presuntuoso, ma…).

Il vero punto di partenza della mia personale riflessione, niente affatto originale, è: il 1989, la caduta del muro di Berlino. Non che gli analisti contemporanei non ne avessero colto l’importanza e anche io a modo mio, anche se in modo strettamente emozionale, ma questo non importa. Mettiamola così, il fatto è che IO ritengo o comprendo solo da poco che quello non è solo il momento nel quale si chiude il cosiddetto “secolo breve”, il Novecento, il nostro Novecento, il mio Novecento. È anche, e anche questo non è un concetto originale, la fine di un’epoca storica, non solo di un secolo, pur violento e “formidabile” oltre che frenetico e mostruosamente accelerato, tanto da durare meno di un secolo, appunto. Insomma, dal mio punto di vista, e a posteriori, non è possibile comprendere il presente e provare a intervenire in esso usando categorie politiche che precedano il 1989. So che forse sembra un’espressione forte, soprattutto da parte di qualcuno che ha “sposato” una causa politica dotata di una precisa tradizione pre-muro, ma lo ribadisco in modo più netto: secondo me la fine dell’Unione Sovietica rappresenta una cesura, una faglia di San Andrea che ha reso obsolete in pochi istanti le categorie politiche sulle quali si è basata la storia di questo pianeta almeno dal Manifesto di Marx ed Engels, facendo salvo, forse, e più in là forse riuscirò a spiegare perché, il concetto di destra e sinistra hegeliana.

E qui mi fermo, perché nuovamente il pensiero mi ha portato di fronte ad una montagna troppo alta da scalare, almeno stanti le attuali condizioni, e forse non varrebbe la pena scalarla, perché non è questo l’obiettivo che ho. Non solo, alcuni degli elementi che rendono vera la mia affermazione (vera per me), sono seguenti alla caduta del muro, ne sono conseguenza, ma appunto non ineluttabile e quindi tutta la mia verità ha senso in me e per me solo e soltanto in questo dei mondi possibili, in quello che si è verificato dopo la caduta del muro e non in altri possibili scenari sempre successivi ad essa caduta, che forse ne avrebbero reso meno significativo l’essere avvenuta.

L’obiettivo che ho

L’obiettivo che ho è quello di impegnarmi a dire qualcosa di sensato per il futuro della sinistra. E già questa è un’affermazione che in qualche modo si presenta come contraddittoria rispetto ad alcune delle cose appena scritte, per prima quella piccola riflessione su destra e sinistra hegeliana. Ma la risolvo così: le parole talvolta sopravvivono a se stesse. La democrazia ateniese non è certo la nostra, ma questo non ci impedisce di usare questa parola (non solo, ma di immaginare quella ateniese come ideale ancora oggi!!). E allora sinistra sia, almeno per me, e sia una sinistra nuova perché deve mostrarsi capace di costruire un reticolo di senso politico totalmente nuovo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mauro Cacciari