Secondo me in quello che sta succedendo in queste ore a
proposito del governo non è facile trovare analogie con il passato. La prima
repubblica è lontana, almeno per me. E tuttavia, nonostante il fervore con il
quale pare che quasi tutti stiano seguendo la vicenda io credo di poter
ravvisare con la prima repubblica non tanto un'analogia, appunto, quanto un
dato comune, pure, davvero, al momento, poco apparente: l'indifferenza.
Mi spiego, vi è stato un tempo, nell'Italia della prima
repubblica appunto, in cui cambiare il presidente del consiglio non significava
poi granché; cadeva un governo ogni dieci mesi o giù di lì, il governo Craxi,
il più lungo della prima repubblica, durò tre anni, neanche De Gasperi riuscì a
far durare di più un suo governo. Non parliamo dei ministri. E in tutto questo
tourbillon in fin dei conti il Paese andava avanti, verso il baratro, ma andava
avanti. Le dimissioni di un Andreotti o di un Fanfani non significavano niente
di traumatico.
Tutto è cambiato con la seconda repubblica, ma a dire il
vero, ancora una volta, non per la capacità di leadership di qualcuno, ma solo
per la forte polarizzazione causata da Silvio Berlusconi, siamo seri.
L'attenzione spasmodica verso le tensioni governative hanno avuto senso solo
con la presenza di Berlusconi e in misura molto minore di Prodi.
Solo recentemente, molto recentemente, con la crisi dello
spread, quindi a partire dagli inizi del 2011 direi, la questione premier e conseguente
stabilità del governo hanno assunto un significato di vita o di morte per la
maggioranza degli Italiani. Avere un premier significava rendere sostenibile il
debito italiano e quindi molti stipendi, molte pensioni, la vita o la morte di
tutti noi.
Oggi, che Berlusconi è fuori gioco almeno per il ruolo di
presidente del consiglio, che la crisi dei BRICS ha riportato i soldi in
Europa, che Draghi ha salvato l'Euro, che la situazione è calma, seppure
difficile (come almeno dagli anni 70 che io sappia), la questione di chi fa o
non fa il presidente del consiglio può tornare a essere quello che era:
qualcosa di assolutamente indifferente.
1 commento:
Vero. Però immagino lo "scoglionamento" di chi ha davvero creduto che Renzi o NicoLetta potessero rappresentare qualcosa di nuovo e magari di buono.
Spero comunque che sia così, anche se con il teatrino si sente odore di stantio.
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