Negli ultimi anni mi sono domandato spesso se il mio
disinteresse e addirittura fastidio sulla questione dell’indipendenza della
Sardegna non fossero dovuti a uno snobismo tipico del sassarese o del sedicente
intellettuale (della magna Grecia, come mi sono sentito apostrofare da un amico
un paio di anni fa, e per tutt’altri motivi) o che altro. Comunque ho cercato
tacendo di non sottovalutare quello che pareva e pare emergere un po’ in giro e
soprattutto su facebook: un revanchismo identitario (ah, l’identità), fatto di
barbe più o meno incolte, limba sarda, eskimi(!), terzomondismi, libri per
einaudi, zootecnia avanzata (!, chissà se la blue tongue e la peste suina
rientrano nella definizione), templi fenici, porcetti e barbaricismi vari.
Così circondato ho affrontato silenziosamente anche la
questione Murgia, pensando e soprattutto sperando che tutto questo bailamme si
risolvesse in un flop, ma ripeto, tacendo, perché da un po’ non ne azzecco una
e perché francamente un anno fa ero certo che il movimento 5 stelle non avrebbe
preso un voto e poi...
Ora che l’accabbadora ha acabado sé stessa, ora che i
sardegnapossibilisti hanno raccolto il 6% dei voti , mi sento rinfrancato, sia
nel mio personale orgoglio, sia perché mi pare di capire che il chiasso in
limba sia ancora una volta solo questo: chiasso. D’altro canto, mi rendo conto
che la soddisfazione deve per forza finire qui: le colpe e le responsabilità
che hanno lasciato margine per il (non) gonfiarsi di fenomeni populisti di
scarsissimo respiro sono tutte lì e per quanto faccia auguri di buon lavoro al
prossimo consiglio regionale, dubito che possa migliorare in un quinquennio un
quadro che si è deteriorato in decenni di cattiva politica e pessima e
clientelare amministrazione. La speranza dovrebbe essere l’ultima a morire, ma
ognuno spera finché può e io, ora almeno, non può. L’unico parere che ho per il
prossimo futuro tuttavia è quello che non sia affatto il caso di andare a
cercare accordi o relazioni con le truppe (se così si possono chiamare) della
scrittrice (se così si può chiamare); ma che sia molto meglio fare della buona
politica, che peraltro è cosa molto più complicata della prima.
Si tratta di immaginare un futuro migliore, non lo si chieda
a me, ma d’altronde mica ci sono io in consiglio regionale a 10000 euro al
mese.