martedì 23 dicembre 2014

Buon Natale

Quelli che non amano il Natale.
Riflessioni da colazione tardiva.
Mi soffermo su due sole categorie: quelli che non lo amano perché sono contro l'obbligo alla felicità, alla "festeggiosità", alla "regalosità". Insomma saltiamolo, andiamo dritti al 7 gennaio, si torna al lavoro, tutto torna normale. Vi capisco, nel senso che so cosa provate, ci siamo passati tutti, la normalità è uno strumento eccezionale di controllo della propria esistenza e dei propri tormenti. Però, sappiatelo, avete un problema, che è proprio quello lì: controllare i propri tormenti e le insoddisfazioni. Soprattutto: non volete bene o non vi sentiti voluti bene a sufficienza. È tutto qui. Se voleste bene in modo soddisfatto il Natale sarebbe una grande occasione di dimostrazione, nel dare e nel ricevere, che siate credenti o no. Volete saltare la festa più buona dell'anno? Fatevene una ragione, la colpa non è della festa.
C'è poi la seconda categoria: quelli che rimpiangono i bei tempi che furono. Il Natale fatto di due mandarini e tre noci regalati dai genitori e povertà a manetta. Ah, allora sì che eravamo felici. La povertà, regno della vera felicità. Intanto vorrei capire quanti sono quelli che hanno realmente vissuto quel tempo; da quanto ne so, e si tratta di racconti, la generazione di mio padre è stata l'ultima, parliamo di 70 anni fa e della II guerra mondiale. E quando me ne parla non mi pare che rimpianga di quegli anni se non una cosa: la "magia", non certo i mandarini. Ecco la magia: quando ero bambino, non due giorni fa, bensì 40 anni, la magia del Natale si manifestava con la pubblicità (oh mio Dio, no) del brandy Vecchia Romagna: bianco nero, slitta, sonata per violino di Ludovico van. Come fa la pubblicità a trasmettere magia? Che ne so, dipendeva forse dal fatto che ero bambino e quello era il mio mondo magico? Tendo a crederlo, d'altronde pensavo che esistesse Babbo Natale, figuratevi voi.
Ora sono vecchio, non credo a Babbo Natale, non c'è più la pubblicità del Vecchia Romagna (ma ieri in un bar stavo per comprarmi una mignonette che mi ricorda la fanciullezza con mio nonno), non c'è più la magia. Ma ho due figlie che stanno in un mondo magico, di Babbi Natale, di Winx, di alberi di Natale.

Le guardo e sento che la vita il 7 gennaio avrà senso solo ripensando al Natale.

giovedì 10 luglio 2014

Roba forte

Ho visto solo il primo noioso tempo della partita. Se devo giudicare da quello, nonostante lo zero a zero, l'Argentina ha meritato di più.
E questo mi dà lo spunto per una grande riflessione, che modificherà il nostro mondo radicalmente: quella che un tempo veniva definita la "lotteria dei rigori" non esiste più. Esistono le partite che finiscono ai rigori. Nessuno parla più di fortuna o sfortuna nell'assegnazione della partita. Si dà per scontato che chi vince ai rigori ha meritato. Credo dipenda soprattutto dal fatto che in venti anni (o trenta?, trenta trenta) le squadre hanno preso a curare questo specifico momento della partita e contemporaneamente il pubblico si aspetta che nel fatidico i giocatori dimostrino nervi saldi a sufficienza. I nervi saldi fanno la maturità, rendono degni della vittoria. Siano la conferma della forza della squadra. Ecco, spero che da oggi riflettiate su tutto ciò e vi rendiate conto della qualità di ciò che scrivo sul blog, altro che gattini.

lunedì 9 giugno 2014

A la carte

Io leggevo Barbara Spinelli di tanto in tanto su La Stampa, anni fa, quando lei scriveva in quel giornale e io compravo ancora i giornali. E mi domandavo sempre perché scrivesse su La Stampa.
Poi lei passò a Repubblica e io fui doppiamente soddisfatto, perché ora le cose tornavano ideologicamente (sentivo di avere ragione, ho sempre sentito di avere ragione) e io non me la trovavo più tra i piedi.
Poi, solo poi, ho scoperto che era la figlia di Altiero Spinelli, e mi sono stupito. Ma poi ci ho pensato un attimo in più e ho accettato l'idea che anche Altiero Spinelli tenesse famiglia.
Barbara Spinelli è stata la compagna (lo scopro solo ora) di Padoa Schioppa; è stata tra i fondatori di Repubblica; vive a Parigi (forse per evitare Berlusconi); difende i valori della Sinistra; si candida con Tsipras come testimonial, perché il suo nome e la sua notorietà consentano alla Sinistra (quella vera) di superare la soglia del 4%, promettendo di non accettare l'incarico; poi cambia idea.
Barbara Spinelli ha i capelli corti bianchi.
Barbara Spinelli vive a Parigi.
Barbara Spinelli vive a Parigi e fa l'editorialista di Repubblica.
Barbara Spinelli è il simbolo del fallimento della Sinistra.

mercoledì 19 febbraio 2014

Acabar

Negli ultimi anni mi sono domandato spesso se il mio disinteresse e addirittura fastidio sulla questione dell’indipendenza della Sardegna non fossero dovuti a uno snobismo tipico del sassarese o del sedicente intellettuale (della magna Grecia, come mi sono sentito apostrofare da un amico un paio di anni fa, e per tutt’altri motivi) o che altro. Comunque ho cercato tacendo di non sottovalutare quello che pareva e pare emergere un po’ in giro e soprattutto su facebook: un revanchismo identitario (ah, l’identità), fatto di barbe più o meno incolte, limba sarda, eskimi(!), terzomondismi, libri per einaudi, zootecnia avanzata (!, chissà se la blue tongue e la peste suina rientrano nella definizione), templi fenici, porcetti e barbaricismi vari.
Così circondato ho affrontato silenziosamente anche la questione Murgia, pensando e soprattutto sperando che tutto questo bailamme si risolvesse in un flop, ma ripeto, tacendo, perché da un po’ non ne azzecco una e perché francamente un anno fa ero certo che il movimento 5 stelle non avrebbe preso un voto e poi...
Ora che l’accabbadora ha acabado sé stessa, ora che i sardegnapossibilisti hanno raccolto il 6% dei voti , mi sento rinfrancato, sia nel mio personale orgoglio, sia perché mi pare di capire che il chiasso in limba sia ancora una volta solo questo: chiasso. D’altro canto, mi rendo conto che la soddisfazione deve per forza finire qui: le colpe e le responsabilità che hanno lasciato margine per il (non) gonfiarsi di fenomeni populisti di scarsissimo respiro sono tutte lì e per quanto faccia auguri di buon lavoro al prossimo consiglio regionale, dubito che possa migliorare in un quinquennio un quadro che si è deteriorato in decenni di cattiva politica e pessima e clientelare amministrazione. La speranza dovrebbe essere l’ultima a morire, ma ognuno spera finché può e io, ora almeno, non può. L’unico parere che ho per il prossimo futuro tuttavia è quello che non sia affatto il caso di andare a cercare accordi o relazioni con le truppe (se così si possono chiamare) della scrittrice (se così si può chiamare); ma che sia molto meglio fare della buona politica, che peraltro è cosa molto più complicata della prima.

Si tratta di immaginare un futuro migliore, non lo si chieda a me, ma d’altronde mica ci sono io in consiglio regionale a 10000 euro al mese.

giovedì 13 febbraio 2014

Atmosfere

Secondo me in quello che sta succedendo in queste ore a proposito del governo non è facile trovare analogie con il passato. La prima repubblica è lontana, almeno per me. E tuttavia, nonostante il fervore con il quale pare che quasi tutti stiano seguendo la vicenda io credo di poter ravvisare con la prima repubblica non tanto un'analogia, appunto, quanto un dato comune, pure, davvero, al momento, poco apparente: l'indifferenza.
Mi spiego, vi è stato un tempo, nell'Italia della prima repubblica appunto, in cui cambiare il presidente del consiglio non significava poi granché; cadeva un governo ogni dieci mesi o giù di lì, il governo Craxi, il più lungo della prima repubblica, durò tre anni, neanche De Gasperi riuscì a far durare di più un suo governo. Non parliamo dei ministri. E in tutto questo tourbillon in fin dei conti il Paese andava avanti, verso il baratro, ma andava avanti. Le dimissioni di un Andreotti o di un Fanfani non significavano niente di traumatico.
Tutto è cambiato con la seconda repubblica, ma a dire il vero, ancora una volta, non per la capacità di leadership di qualcuno, ma solo per la forte polarizzazione causata da Silvio Berlusconi, siamo seri. L'attenzione spasmodica verso le tensioni governative hanno avuto senso solo con la presenza di Berlusconi e in misura molto minore di Prodi.
Solo recentemente, molto recentemente, con la crisi dello spread, quindi a partire dagli inizi del 2011 direi, la questione premier e conseguente stabilità del governo hanno assunto un significato di vita o di morte per la maggioranza degli Italiani. Avere un premier significava rendere sostenibile il debito italiano e quindi molti stipendi, molte pensioni, la vita o la morte di tutti noi.

Oggi, che Berlusconi è fuori gioco almeno per il ruolo di presidente del consiglio, che la crisi dei BRICS ha riportato i soldi in Europa, che Draghi ha salvato l'Euro, che la situazione è calma, seppure difficile (come almeno dagli anni 70 che io sappia), la questione di chi fa o non fa il presidente del consiglio può tornare a essere quello che era: qualcosa di assolutamente indifferente.

lunedì 30 dicembre 2013

Sapevatelo

Ritengo che Francesca Barracciu non sia la candidata giusta per la presidenza della RAS. Lo ritengo sin da quando si è candidata alle primarie. Lo ritengo per motivi politici: non credo che sia capace di guidare un "governo" regionale e anche il modo in cui ha, diciamo così, "gestito" le trattative con i presunti alleati lo dimostra.
Detto questo, la sceneggiata che si sta svolgendo a Oristano, il tentativo di "farla fuori", per ora non riuscito - ma che riuscirà con buona probabilità - non ha niente a che vedere con la questione dei rimborsi consiliari. Sì, sì, l'aria è pesante, l'opinione pubblica è nervosa... blablabla... tutto vero, ma anche tutto falso.
Il gioco è sempre il solito ed è il solito tiro al piccione che si gioca dentro il partito tra uomini e donne che si odiano politicamente e che hanno come unico obiettivo farsi fuori per prendere il posto l'uno dell'altro. In molti casi si è aspettato il giorno dopo le elezioni per logorare chi ha il potere, in questo caso ci si è portati avanti col lavoro, si è iniziato prima ancora, sfruttando, sì sfruttando, un avviso di garanzia a fini tutt'altro che moralizzatori.
Mi si dirà, ma che ti frega, non solo non sei nel partito, ma oltretutto hai detto che Francesca non è capace, quindi una sostituzione non può che essere un bene no?, il fine giustifica i mezzi!
Ma no. E' vero, non sono nel partito, ma sarei da cittadino ex-elettore (poiché certo non andrò a votare alle regionali) contento di poter andare a votare un partito decente; e poi, ancora una volta qui il fine non è quello di fornire il miglior candidato possibile ai Sardi (queste sono pie bugie, si diceva un tempo, balle, per dirlo chiaro). Il fine è quello che ho detto: ti faccio fuori e gioco io. Perciò il fine non giustifica un bel niente e la scelta dell'eventuale, probabile nuovo candidato, non porterà niente di bene, poiché fatta su presupposti malintenzionati e con condizioni sbagliate. La persona migliore di questo mondo, se venisse scelta, lo sarebbe per puro caso e non potrebbe lavorare degnamente, sicuro.
Perciò tanti auguri di buon anno.


mercoledì 25 settembre 2013