venerdì 23 gennaio 2009

Politica: Quarantenni nel Limbo?

Interessante, per un quarantenne, leggere i progetti che i vari candidati alle elezioni regionali della Sardegna propongono per il futuro della nostra società.
Sono tutti d’accordo che bisogna investire sui giovani, in particolare quelli che ancora devono formarsi.
Scontato dire che i giovani sono senza dubbio un’importante risorsa per vincere le sfide che l’avvenire ci propone. Sono evidentemente il tesoro che ogni collettività spera di avere per progredire.
Per salvaguardare questo patrimonio sarà determinante valutare la fondatezza, serietà e profondità della proposta che la Politica saprà fare fin da oggi e quindi la scelta fra le ricette in campo dovrà essere fatta da ognuno di noi con assoluta attenzione al momento del voto nel prossimo febbraio.
Il punto che però volevo approfondire ora è un altro.
Se è vero che dobbiamo investire nei ventenni, dobbiamo sostenere la formazione professionale dei trentenni, mi chiedo: ai quarantenni chi ci sta pensando?
Perché, salvo non si parli di figli di “qualcuno”, verso tutti gli altri appartenenti a questa particolare generazione i messaggi concreti che vengono inviati in questi giorni, soprattutto dal mondo politico, sembrano di segno opposto rispetto a quelli riservati alle altre generazioni. Si sente in giro: “… troppo giovane” per subentrare alla generazione che sta davanti, oppure, “… ormai troppo vecchio” per rientrare nei progetti riservati ai giovani che la politica dei 50-60enni ora propone.
Ma se i recenti dati della crescita demografica non mentono, l’attuale generazione compresa fra i 35 ed i 45 anni sarà sempre e comunque la più corposa con il rischio che, se non adeguatamente sostenuta e motivata, diventi un peso sociale piuttosto che una risorsa.
Forse è il momento che noi quarantenni ci si faccia sentire di più e meglio, soprattutto incominciamo anche noi a fare politica rappresentando la nostra generazione. Anche perché qualcuno incomincia a dire, maliziosamente, che gli attuali 50-60enni stiano tutti investendo sui 20-30enni perché sanno benissimo che così facendo, in attesa che questi ricevano la “giusta“ formazione, potranno avere ancora qualche anno di campo libero per arrivare alla pensione “sociale” (come dice un noto politico di grande esperienza, “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”).
Ovviamente io sono ottimista. Credo ancora che la generazione di mio padre non sia così cinica.
Anzi, ho anche raccolto qualche testimonianza di stima e sostegno fra la mia generazione e quella precedente.
Chissà, magari presto arriverà anche qualche gesto concreto… che dite, restiamo ancora in attesa?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto giusto!
Parliamo allora di noi. Noi che ci hanno illuso negli anni Ottanta e Novanta, che ci siamo bevuti il riformismo di Craxi, che ha posto le basi per lo scontro generazionale, senza precedenti.
Un nucleo familiare un pochino allargato prevede che quelli sopra i Sessanta sono già pensionati e reggono quelli compresi nei trenta-quaranta ancora precari Fate l'esame delle famiglie e delle sensazioni...
Facciamo la rivoluzione sui diritti, chiedamo alle generazioni priviligiate di sessanta (tra 55 e65 anni) di rinunciare a qualcosa in favore di quelli immediatamente vicini e non lasciamoli ancora a progettare un futuro che loro oramai non vedono.

Anonimo ha detto...

I giovani non esistono. Il futuro (così come il passato) non esiste, se non per prendere per i fondelli quelli che agiscono nel presente. Dobbiamo pensare agli anziani. Gli individui tra i 30 e 50 si arrangino e vada avanti chi ha forza e capacità (rassegnati: i "figli di" non si estingueranno mai, a destra e a sinistra; è fisiologico). Ci vuole più cattiveria.